Manifesto di una Nuova Forma di Estemporaneità

Come risuona un tramonto? …un abbraccio?

Pubblicato nel 2025 — Simone Cernuschi

Ekphona (/ˈɛk.fo.na/) (anche ekphonia) s.f. [dal gr. ek- «fuori da» + phōnē «voce, suono», con formazione modellata sul termine ekphrasis «esposizione, descrizione» (soprattutto visiva)] 1. Forma espressiva acustica non verbale che, senza finalità descrittive, accompagna un'immagine, un contesto o un ricordo con lo scopo di evocare nell'ascoltatore stati interiori, affettivi o intuitivi. 2. Gesto sonoro supplementare che funge da catalizzatore di risonanze emotive latenti, agendo come ponte sensoriale tra percezione visiva e risposta interiore.

Introduzione§

L'esperienza di Ekphona nasce dal dialogo tra stimolo visivo e risposta sonora. In questo spazio fluido, ogni immagine diventa punto di partenza per un viaggio interiore, un'evocazione intima e irripetibile. Qui, il gesto creativo prende forma nell'istante stesso in cui il ricordo, l'emozione e l'ascolto si incontrano, senza copioni né aspettative.

Il suono, in questo caso, non è un mezzo, ma una soglia. Serve a catalizzare stati interiori latenti, a far emergere una qualità emotiva o intuitiva che altrimenti resterebbe indistinta.

Il Manifesto§

1. Definizione e natura§

L'ekphona è una forma di espressione sonora non verbale, non necessariamente musicale, non descrittiva, praticata in presenza di un'immagine, di un ricordo, di una scena o di un contesto evocativo. Non nasce per sostituire il linguaggio, ma per integrare ed espandere lo spazio affettivo e immaginativo introdotto da un elemento visivo o memoriale.

Essa si presenta come gesto acustico estemporaneo, generato in relazione a ciò che viene percepito e sentito. Non imita, non racconta, non spiega. L'ekphona risuona.

2. Differenza da musica, parola e suono descrittivo§

L'ekphona non è da intendersi come “musica descrittiva”, “a programma”, colonna sonora o commento emozionale.

Il suo suono non si propone di illustrare, ma di attivare: serve da catalizzatore di evocazioni interiori. È una forma di sonorità che non traduce l'immagine, ma la accompagna come una risonanza emotiva, percettiva, spesso inaccessibile al linguaggio1.

3. Ruolo dell'Ekfoneta§

L'ekfoneta (ovvero, chi mette in atto questa forma di espressione alternativa) non è un performer, né un narratore, né un musicista in senso tradizionale.

È piuttosto un mediatore sensibile tra visibile e udibile, tra presenza e affetto, tra interiorità e contesto. Non produce suono in modo canonico o predefinito, ma plasma le sue intenzioni transienti (ac)cogliendo ciò che emerge nel momento.

Il suo gesto sonoro è ascolto delle reazioni proprie e altrui che si fa voce.

4. Relazione col Pubblico§

L'ekphona richiede una dimensione intima. Funziona pienamente solo quando il pubblico è partecipe, presente, non eccessivamente numeroso.

In questa intimità condivisa, l'ascoltatore diventa fonte dell'idea e anche co-creatore: il suo sguardo, la sua sensibilità, la sua vibrazione emotiva plasmano l'atto espressivo.

Il pubblico non osserva: partecipa.

È presenza ispirante e fruitrice delle sue stesse idee.

L'ekphona si modella sul silenzio condiviso, sul ritmo della ricezione, sull'intensità della relazione.

5. Finalità e funzione§

La funzione dell'ekphona non è comunicativa né narrativa.

È relazionale ed evocativa.

Il suo fine è dischiudere uno spazio interiore in cui il visibile trovi eco nell'udibile, in cui il non detto possa essere rivelato e l'invisibile risiedere in un corpo sonoro.

Essa opera come un passaggio, una soglia tra ciò che si mostra e ciò che si sente.

6. Unicità dell'atto§

Ogni ekphona è irripetibile.

È legata all'istante, al luogo, alla compresenza di corpi e sensibilità.

Non si replica, non si codifica, non si registra come opera chiusa.

Le modalità di presentazione di questa forma di estemporaneità costituiscono l'unica costante in un universo di variabili mutevoli.

È evento fragile ed evanescente, presenza sonora che abita il tempo, poi svanisce.

Né l'ekfoneta né il fruitore sanno cosa aspettarsi prima di ogni sessione, rendendo il loro rapporto “alla pari”.

Esempio§

Cascata #0
Cascata #1
Cascata #2
Cascata #3

Queste immagini sono pervenute da un caro amico, di ritorno da un viaggio in Islanda.

Ritraggono cascate, paesaggi aperti, superfici d'acqua immerse nella luce. Non ho chiesto alcun contesto, nessuna spiegazione. Le ho accolte come affioramenti interiori, e ho lasciato che la loro forza visiva attraversasse il mio ascolto.

La registrazione che segue è il risultato di quella risonanza intuitiva.

Non intende descrivere i luoghi, né imitare i suoni dell'acqua: è un'eco soggettiva, un paesaggio interiore che si attiva a partire da quelle immagini e si trasforma in suono.

Il contenuto sonoro non esisteva prima, e non potrà essere replicato: come sempre, nasce da un momento unico, in cui visione, memoria e ascolto si incontrano.

#Cascate#Acqua#Luce#Natura#Paesaggio

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Applicazioni§

Questa pratica nasce come spazio di risonanza tra suono, intuizione e presenza. Il suo valore non sta solo nell'ascolto estetico, ma nella capacità di attivare immaginazione, introspezione e relazione.

Grazie alla sua natura intima, estemporanea e partecipata, può trovare forma in contesti molto diversi, pur mantenendo intatta la sua essenza. Alcuni esempi di applicazione:

Meditazioni guidate o assistite

dove il suono nasce in risposta a un vissuto emotivo o a uno stato interiore condiviso.

Letture poetiche o narrative con accompagnamento sonoro

in cui la voce e il suono si intrecciano come presenze dialoganti.

Eventi in mostre e gallerie d'arte

dove l'ambiente visivo e quello acustico si nutrono reciprocamente.

Performance collaborative con artisti visivi, danzatori o performer

in cui il suono è co-creatore di una scena fluida e irripetibile.

Concerti tematici a numero ridotto di partecipanti

per preservare la dimensione relazionale e la qualità dell'ascolto condiviso.

Workshop o laboratori esperienziali

rivolti a chi vuole esplorare il suono come mezzo di ascolto profondo, rielaborazione sensibile e creazione spontanea.

In ogni situazione, l'obiettivo rimane lo stesso: creare le condizioni per un'interazione viva, non ripetibile, in cui chi ascolta non resta ai margini, ma entra a far parte del gesto creativo.

Non si tratta di "spiegare", ma di evocare. Non di rappresentare qualcosa, ma di attivare qualcosa in chi ascolta.

Hai immaginato un altro nome che possa racchiudere meglio le idee emerse in questa pagina? Oppure desideri condividere la tua prospettiva, o iniziare un dialogo creativo?